Ho calcolato quanto spendo in aperitivi: il risultato mi ha fatto smettere per sempre

Ho calcolato quanto spendo in aperitivi: il risultato mi ha fatto smettere per sempre

Testimonianza anonima di Sara, 26 anni, Milano
Inviata alla redazione di LaQualunque


€2.847 in dodici mesi.

Questa è la cifra esatta che ho speso in aperitivi nel 2024. Quando ho visto il totale sul mio home banking, ho pensato che ci fosse un errore. Ho ricontrollato tre volte. Niente da fare: quasi tremila euro solo per bere spritz e mangiare patatine dopo il lavoro.

La cosa peggiore? Non me n'ero mai accorta.

Come ho scoperto la verità sui miei aperitivi

Tutto è iniziato a gennaio 2025, quando ho deciso di fare ordine nelle mie finanze. Niente di drammatico: semplicemente volevo capire dove finissero i miei soldi ogni mese. Ho scaricato l'estratto conto dell'anno precedente e ho iniziato a categorizzare ogni spesa.

Supermercato, benzina, Netflix, palestra... tutto nella norma.

Poi ho visto la voce "Bar e ristoranti" e mi si è gelato il sangue: €4.231 in un anno.

"Impossibile", ho pensato. Mangio fuori forse due volte al mese. Poi ho iniziato a scorrere le singole transazioni e ho capito: erano tutti aperitivi.

Via Brera, 8€. Navigli, 12€. Porta Garibaldi, 10€. Centro, 9€.

Ogni. Santo. Giorno. O quasi.

I numeri che fanno male

247 aperitivi in 365 giorni. Quasi 5 volte a settimana. Media di €11,53 per aperitivo.

Quando ho realizzato che €2.847 equivalevano a quattro mesi di affitto del mio monolocale, ho capito che dovevo smettere.

Il gioco delle aspettative (la parte che mi fa più schifo)

Qui arriva la parte imbarazzante, quella che non racconto mai a nessuno.

Per molto tempo ho fatto un gioco mentale disgustoso: "Stasera me lo faccio offrire".

Sceglievo accuratamente con chi uscire. M. del marketing che ci provava da mesi? Perfetto per un aperitivo gratis. Il collega che voleva "parlare di lavoro"? Ottimo, paga lui. Gli amici fidanzati che si sentivano in colpa per le loro serate coppia? Bingo.

Mi giustificavo pensando: "Se riesco a farmene offrire 3 su 5, spendo solo €120 al mese invece di €200".

La verità? Funzionava spesso. Ma ogni volta che tornavo a casa dopo un aperitivo "gratis", mi sentivo una merda.

Non perché qualcuno mi avesse forzata. Perché lo facevo apposta. Perché avevo pianificato di manipolare la generosità altrui per risparmiare sui miei vizi.

Il punto più basso? Quando ho accettato l'invito di un tipo che non mi interessava minimamente, solo perché il posto era figo e costoso. Due ore di conversazione noiosa per un aperitivo da €15. Mi sono sentita una escort dell'aperitivo.

Cosa ho imparato su me stessa

L'APERITIVO NON È SOCIALIZZAZIONE

Il 67% delle volte ero sola o con una persona sola. Non erano eventi sociali epici: erano abitudine pura. "Che facciamo stasera?" "Aperitivo?" Fine.

È TUTTO MARKETING

Happy hour dalle 18 alle 20. La sensazione di "risparmiare" bevendo alle 18:30 invece che alle 21. Ti convincono che €8 invece di €12 sia un affare.

IL RICATTO SOCIALE

"Dai, un aperitivino!" Se dici no, sei la sfigata. Se dici sì, sei povera. Bel sistema.

LA DIPENDENZA EMOTIVA

Giornata stressante? Aperitivo. Successo al lavoro? Aperitivo per festeggiare. Litigata col ragazzo? Aperitivo per dimenticare. Ogni emozione aveva bisogno del suo spritz.

Le 5 bugie che mi raccontavo

  1. "È networking" - In 247 aperitivi ho fatto zero contatti utili
  2. "Ho lavorato duro, me lo merito" - Ogni giorno? Davvero?
  3. "È cultura milanese" - No, è marketing camuffato da tradizione
  4. "Tanto qualcuno me lo offre" - E io cosa divento, una questuante dello spritz?
  5. "La vita è una sola" - Sì, e la voglio vivere da protagonista, non da parassita

Il momento della verità: la chiamata di mamma

La svolta è arrivata con una telefonata. Mia madre, che vive in Calabria con 1.200€ di pensione al mese, mi dice: "Sara, quest'anno non riesco a venire a trovarti. Il treno costa troppo".

Centoventi euro. Il treno Milano-Reggio Calabria costa 120€.

Io, nello stesso periodo, avevo speso 180€ in aperitivi solo quella settimana.

Ho chiuso la chiamata e ho pianto per un'ora. Non per i soldi. Per quello che ero diventata.

Cosa è cambiato da quando ho smesso

CON GLI AMICI

Quelli veri sono rimasti. Ci vediamo per passeggiate, cene a casa, cinema. Quelli che si lamentavano perché non venivo più ai loro aperitivi quotidiani... forse non erano così amici.

CON I COLLEGHI

All'inizio mi prendevano per culo: "Ecco la nuova Sara, quella che risparmia". Dopo tre mesi, due di loro mi hanno confessato di aver fatto gli stessi conti. Ora siamo in quattro che andiamo in palestra invece che al bar.

CON ME STESSA

Non devo più fare calcoli mentali imbarazzanti su chi potrebbe offrirmi da bere. Non devo più scegliere gli uomini in base alla loro disponibilità a pagare. Non devo più fingere interesse per qualcuno solo per un aperitivo gratis.

Mi sento pulita.

CON I SOLDI

Ho €200 in più al mese. Li sto usando per le cose che mi rendono davvero felice: corso di yoga, weekend dai miei genitori, vestiti che mi piacciono davvero (non solo quelli in saldo).

Le alternative che funzionano

APERITIVO A CASA

Invito le amiche vere, faccio spritz decenti, mettiamo la musica che ci piace. Costa €25 per quattro persone e ci divertiamo il triplo.

SOSTITUZIONE INTELLIGENTE

Se proprio devo uscire, aperitivo al posto della cena. Budget fisso €15, non di più. Solo weekend, mai infrasettimanale.

LA REGOLA DEL "PERCHÉ"

Prima di ogni invito mi chiedo: "Ci vado perché mi fa piacere o perché non so dire di no?" Nel 70% dei casi, la risposta era la seconda. Ora dico di no.

La cosa più bella che è successa

Tre mesi fa, il tizio del marketing (quello che sfruttavo per gli aperitivi gratis) mi ha chiesto di uscire. Gli ho detto: "Volentieri, ma pago io".

Mi ha guardato stranita e ha detto: "Perché?"

"Perché ho voglia di uscire con te, non di farti pagare da bere."

Abbiamo fatto l'aperitivo più bello degli ultimi due anni. Senza calcoli, senza secondi fini, senza giochetti. Solo due persone che si stanno conoscendo.

Ora stiamo insieme da due mesi. E indovinate? Spacchiamo il conto sempre, su tutto. È liberatorio.

La verità che fa male

Milano ti frega così.

Ti convince che €10 per uno spritz sia normale. Che l'aperitivo quotidiano sia cultura, non dipendenza. Che se non esci ogni sera sei una sfigata.

Ma soprattutto, ti convince che sia normale manipolare gli altri per pagare meno.

La realtà? È un sistema perfetto per renderti economicamente e moralmente dipendente.

Quello che direi alla Sara di un anno fa

Smettila.

Smettila di farti offrire da bere da uomini che non ti interessano.

Smettila di calcolare chi può permettersi di pagare per te.

Smettila di giustificare ogni emozione con un bicchiere.

Smettila di chiamare "socializzazione" quella che è solo noia travestita da abitudine.

I tuoi genitori hanno fatto sacrifici perché tu potessi permetterti di vivere a Milano. Non per farti mantenere gli spritz dai colleghi.

Impara a dire di no. Impara a pagare per te stessa. Impara a stare da sola senza aver bisogno di un aperitivo per farlo.

Sei mesi dopo: ne è valsa la pena?

Assolutamente sì.

Non rimpiango un singolo spritz. E soprattutto, non rimpiango una sola serata passata a fare la carina con qualcuno solo perché mi pagasse da bere.

Ho ritrovato il rispetto per me stessa. Ho scoperto che posso divertirmi senza alcol. Ho capito che i veri amici non spariscono se non vai all'aperitivo quotidiano.

Ho smesso di essere una mantenuta dell'aperitivo. E mi sento finalmente libera.

La domanda che devi farti

Se avessi €2.800 cash oggi, li spenderesti tutti per convincere gente a caso a starti intorno mentre bevi?

No?

Allora perché lo fai €10 alla volta?


P.S.: So che molte di voi si riconosceranno nella parte del "farmelo offrire". Non vi giudico, l'ho fatto anch'io per anni. Ma non è normale. E soprattutto, non è necessario.

Si può vivere bene, uscire, divertirsi e socializzare spendendo un terzo e mantenendo la dignità. Provate per tre mesi. Il peggio che può succedere è che vi troviate €600 in più sul conto.


Disclaimer: Questa testimonianza riflette l'esperienza personale dell'autrice e non rappresenta necessariamente le opinioni della redazione di LaQualunque.